Sculture in ceramica che risentono di suggestioni differenti, dalla rude essenzialità dell'arte barbarica alle preziose lucentezze dei gioielli bizantini. Forme arcaiche rivisitate con un pizzico di modernità dove ritroviamo la forza visionaria di Leoncillo e il rigore delle ceramiche orientali.
Ludovico Pratesi
Crisafi attua il vigore dell'irrealtà, della scena teatrale, dell'immaginario. La sensualità rigogliosa dei colori, questa tavolozza piena, esuberante anche quando foggia opere monocrome, è una dissimulazione di profonda coscienza. I suoi sono personaggi che "di certo percorrono i suoi sogni, li veste di polvere..." come scrive il poeta-amico Stefano Simoncelli.
Marisa Zattini
Sono creazioni smaglianti: anche le parti brune risultano investite di una luce che amerei definire
orfica; nata da un arcano suggerimento che attiene contestualmente alla sfera psichica e a quella della teoresi congetturante. Certi coraggiosi accostamenti cromatici mi ricordano, d'istinto' pur trattandosi di scultura, qualcosa delle composizioni astratte dell'ucraina Sonia Terk Delaunay.
Renato Civello
Giorgio Crisafi traduce la Natività attraverso una sintesi astratta di matrice metafisica, espressa con una scultura in ceramica in toni verdi e titolata
Madonna del cordellone. Simbolo di povertà il cordellone unisce idealmente l'essere terreno e quello ultraterreno, divenendo metafora di vita spirituale. Come, parallelamente, il cordone ombelicale unisce il feto alla madre nutrendolo e preparandolo alla nascita.
Andrea Baffoni
Come da attore Giorgio Crisafi ama evocare e far rivivere con i suoi personaggi una memoria emotiva, così con la terra realizza forme che guardano al passato come ad un paradiso perduto, da riconquistare sollecitando emozioni assopite o schiacciate dalla realtà del presente.
Silvia Imperiale
...Palmyra, l'ultimo progetto espositivo di Giorgio Crisafi, attraverso cui l'artista/attore pone al centro dell'attenzione il valore dell'immagine, intesa nel suo essere custode significante di memoria, simbolo di resistenza verso la barbarie. Una figura allegorica, a tratti immaginaria, grazie alla quale si compie l'atto di salvataggio e trasmigrazione del passato, delle sue icone e dei suoi simboli. Crisafi mette in scena nel teatro dell'arte figure primordiali, maschere ancestrali, personaggi antichi e vittime/superstiti del dramma di questo nostro tempo.
Lorenzo Fiorucci
Per scoprire la profondità dell'installazione
Giacimento di Giorgio Crisafi, il visitatore deve sporgersi all'interno di un vecchio fusto di petrolio arrugginito, sul cui fondo biancheggia la testa di un bambino in ceramica smaltata. Su un blocco di argilla poco distante, un paio di scarpette sembrano raggelate e si specchiano nella loro orma... Come volendo esorcizzare un'immagine che persiste nella retina, Crisafi cita e rielabora la figura del piccolo Aylan, il bimbo naufragato sulle coste della Turchia e divenuto icona della tragedia dei migranti in cerca di fortuna al di qua del Mediterraneo. Tra liquidità del mare e liquidità del petrolio, causa di tutte le guerre, alberga una speranza accentuata dal contrasto tra il bianco dello smalto e il bruno della ruggine: che il bambino stia solo dormendo e che possa essere seme di vita futura.
Francesco Paolo Del Re
Giorgio Crisafi presenta i suoi “ Animali da palcoscenico”, appoggiati su una base di legno consumata dal tempo e rende tutta la “messa in scena”, comprensiva anche di un drappo nero che avvolge tutta la composizione, fortemente suggestiva.
Alfonso Talotta
Se c’è un modo nuovo dell’arte ceramica di proiettarsi nel futuro alla ricerca del senso della propria contemporaneità è proprio quello di richiamarsi alla materia ancestrale, alla terra, alla natura, alla memoria. Riportare alla luce radici scoperte per guardare avanti prima degli altri... Giorgio Crisafi riproduce modelli di contenitori d’uso comune ma li simbolizza come reperti di memoria fatti d’argilla, bucati e trafitti di luce.
Gianna Besson
Giorgio Crisafi si rifà ad un altro noto simbolo cristologico, la corona di spine, metafora della passione di Cristo, che ha il suo culmine e il suo compimento nella crocifissione, rappresentata al centro dell'opera. Traendo ispirazione dalla laude "
Donna de Paradiso" di Jacopone da Todi, suo illustre concittadino, l'artista coglie nella circolarità della corona il motivo dell'ineluttabile rincorrersi di vita e morte.
Carmelo Cipriani
Un vero e proprio ossimoro comunicativo è realizzato nell'opera che Giorgio Crisafi ha selezionato, all'interno della sua vasta produzione, per l'esposizione napoletana. In un percorso di lettura dell’opera dall'andamento circolare intenderei partire dall'aspetto materico dell'opera, per poi arrivare al titolo attribuitole dall'artista e chiudere quindi il cerchio dedicando attenzione ai particolari plastici della scultura. Partendo come detto dell'aspetto materico e cromatico in particolare non possiamo non rimarcare la scelta del bianco, un non - colore dagli effetti rilassanti su chi lo guarda e culturalmente collegato al tema della purezza. Il materiale ceramico è stato poi impreziosito dalla lavorazione a lustro che dona all'opera pregevoli riflessi metallici grazie ad una tecnica ormai secolare. A questi elementi di pace e di preziosità fa da contraltare un titolo di inaudita violenza:
Bambino relitto. Il termine bambino è infatti affiancato ad un attributo solitamente riferito a barche o a navi, in un percorso semantico che quasi disumanizza l'essere umano per ridurlo ad un oggetto. A parziale risarcimento dello choc comunicativo di cui abbiamo appena parlato, l'immagine presentata evita i toni esageratamente drammatici che avremmo potuto aspettarci per un'immagine in realtà quasi pacifica in cui il volto del bambino è quasi avvolto in una proiezione verticale dell'onda che sembra quasi fungere da cuscino. Il sommarsi degli elementi descritti finora riesce quindi a trasmettere il concetto con un equilibrio di toni non facile da raggiungere nel trattare un tema di tale drammaticità.
Domenico Iacarà
L'artista tuderte dà alle sue figure, che chiama
personaggi, una caratterizzazione archetipa: personaggi magari sì, però di un mondo primordiale, apparentemente lontani dalla sua vicenda di attore, alle prese con la tipica introspezione del teatro moderno, ma non così lontani da quella vera e propria catastrofe della "personalità" dei tipi di Pirandello o di Strindberg o dei più contemporanei Harold Pinter e Jon Fosse di cui è stato interprete in teatro. E se vi è un artista a cui possono venire accostate queste sue opere totemiche e frontali, costui è Mirko, in particolare nei lavori degli anni '50, quando infatti recuperava linguaggi orientali, come i leoni tatuati o figure erette che hanno l'incombenza di ciò che non muta. I personaggi di Crisafi sciolgono l'aggressività dei totem di Mirko, ma abitano gli stessi luoghi dell'immaginazione: spargono simili effluvi di una fascinazione sottile e indeterminata che il solo nome
Palmyra sa evocare, persino al di là del disastro bellico.
Enrico Mascelloni
Gli elementi di acqua, terra e fuoco, cari già ai nostri antichi maestri, che una cultura miope e distratta talvolta sorvola, benché ci abbiano lasciato in eredità capolavori di ogni sorta, sono per Crisafi basilari come le parole e gli stati d’animo, che ha ben saputo esprimere, essendo lui un grande attore di teatro, e non solo, che ha saputo interpretare personaggi diversi, dandogli voce, spirito e volto. Giorgio Crisafi è dunque aduso a dare udienza ai fantasmi. Solo che qui, invece di portarli in scena su di un palcoscenico, ha dato loro consistenza con materia, colore e forma. Un racconto per immagini della vita che ognuno si porta dentro, e che queste opere, che hanno molto di metafisico, ci invitano a scoprire e vedere.
Vincenzo Pardini